In piedi! Sveglia! Mente lucida!
Kanalagon scattò dal letto, come se fosse stato attaccato. Turgul sembrò per un attimo sorpreso dalla reazione. Il paladino infilò subito gli stivali e prese il giaco di maglia da terra. Iniziò subito ad allacciarselo guardando con determinazione lo stregone.
«Datemi un paio di minuti e sono pronto. Quando avete trovato l’ultimo membro? Ieri notte?»
«Avete bisogno di una mano? Sembra di no. Anche perché io non sono uno scudiero, non ho mai allacciato un’armatura in vita mia. Sarei di ben poco aiuto. Io vi aspetto giù in sala. Poi vi spiego del chierico che si aggiungerà a noi. In realtà no, ve lo spiegheranno Maeglin e Rotar. Rotar è il ranger che è con l’elfa. Avete visto era un ranger, come avevo detto io. Mentre voi scendete, io esco. Rotar sa già tutto. Gli ho dato una mappa disegnata da me con le mie direttive. A dopo… Ah, sapevo che avreste accettato! Grande paladino!»
«Ehi, la porta…»
Poteva almeno chiudere la porta…
Ci mise poco ad allacciare le protezioni. Prese lo spadone e lo zaino. Diede un’occhiata attorno per vedere se avesse dimenticato qualcosa. Niente. Scese le scale e si ritrovò nella sala di ieri. Vuota sembrava più piccola. C’era odore di pulito. Le sedie erano tutte girate e poste sul tavolo. C’era un solo posto con le sedie sul pavimento, il tavolo davanti al camino, occupato ieri dal paladino e dallo stregone. Solo che al loro posto in quel momento c’erano la barda elfa Maeglin e il suo compagno Rotar. La barda si alzò in piedi al sopraggiungere di Kanalagon.
«Buongiorno. Io sono Kanalagon, paladino errante. Turgul mi ha detto di parlare con voi.»
«Sì, io sono Maeglin, musicista. Lui è il mio compagno Rotar, ranger dei boschi. Veniamo entrambi dal bosco di Qel’ Dorei. Prego sedetevi! Kanalagon è un nome di origine elfica se non erro. Voi siete mezz’elfo, come Turgul, così lui ci ha riferito…»
«Messere, Mia signora.» – Kanalagon fece un breve inchino prima di accomodarsi per ringraziare.
«Mfui… ti piacerebbe!»
«Rotaaar!! Sta scherzando Sir, lui rompe il ghiaccio così…»
Il paladino rimase gelato dalla risposta del ranger ma fece il possibile per non darlo a vedere, seppur con scarsissimi risultati.
«Nessun… problema…»
Si sedette sullo sgabello libero e ricompose il suo viso.
«Mi…aeglin per quanto riguarda le vostre domande, si sono mezz’elfo, e in verità sarei io che vorrei porvi qualche domanda, se non sono indiscreto, visto che combatteremo fianco a fianco. Mi piace sapere prima con chi dividerò ventura, e inoltre vorrei proporvi di darci del tu visto che saremo compagni.»
«Dai già per certo che saremo compagni e ci fai le domande per capire che tipi siamo. Tsk! Paladini…» lo disse con un sorriso fra lo scherno e il divertito. Il tono irriverente del ranger non scosse più Kanalagon che aveva capito il personaggio. Si era concentrato mentre si avvicinava al tavolo utilizzando il potere più utile e più invidiato da tutti gli avventurieri: la percezione del male. Poteva concentrarsi e carpire il male nell’animo di chiunque fosse vicino a lui e quanto fosse radicato, qualora fosse presente. L’aveva già utilizzato la sera precedente sul ranger nella sala piena e non aveva visto traccia di male ma forse con la folla avrebbe potuto confondersi. Adesso ne era certo. Nei due elfi davanti a lui non c’era traccia di male. Ma questo non significa che fossero aperti al prossimo, di certo non Rotar. Kanalagon ignorò il commento.
«Cosa vi spinge a cercare ventura tra i non morti che sono sopraggiunti nella valle? Perché siete in viaggio? Perché avete accettato l’invito di Turgul?»
«La fortuna, la gloria e il denaro, prode cavaliere. Non saranno nobili intenti come il vostro ma io e Rotar ci muoviamo per questo. Così credo di aver dato risposta a tutte le vostre domande…»
«Pfui…nobili intenti…»
In caso di pericolo se ne andranno senza pensarci
«Ok, mi sta bene. Turgul mi ha detto che vi ha dato delle direttive in merito ad oggi e che siamo in partenza imminente. A proposito sapete dove è andato?»
«Rotar apri la mappa così mostriamo la valle a Kano, possiamo chiamarvi… chiamarti Kano? Kanalagon è un po’ troppo lungo» – fece la barda con un sorriso malizioso – «Turgul è andato a prendere il chierico. Un altro nostro consanguineo. È un chierico del Dio del castigo. È qui già da qualche giorno, stava studiando la zona e si è preparato a lungo per combattere le creature che si pareranno davanti a noi. Abbiamo parlato con lui ieri mattina. Quando Turgul ci ha proposto la cosa abbiamo pensato che lui potesse aiutarci. Ora sta andando nella chiesa per chiamarlo. Ecco la mappa. Scusa… forse è un po’ troppo approssimativa… ma è stata fatta velocemente»

«Approssimativa? È magnifica… chi l’avrebbe mai detto che lo stregone disegnasse con tanta maestria»
«Tsk, stregone? l’ho disegnata io. Ecco quella dello stregone…»

«Beh, sarà più bravo con gli incantesimi, almeno spero… la grande X della mappa di Turgul dove andrebbe posizionata sulla vostra? Poi leggo Faenor, non é Faenord il nome?» rispose il paladino con tutta la diplomazia che aveva a disposizione.
«Faenor é la pronuncia elfica. Comunque, secondo quello che abbiamo saputo dal sacerdote, la zona dei campi più vicina al fiume è quella con più presenza di non-morti. Per la precisione sono stati avvistati, scheletri di guerrieri, zombie e ghoul. Quest’ultimi mi preoccupano un po’ di più. Non siamo esperti con questo tipo di creature. Il sacerdote sembrava impensierito, tu li hai mai affrontati?» la barda disse questo, portandosi i capelli dietro l’orecchio e con l’atteggiamento della bambina ingenua e indifesa.
«Non ne ho mai incontrati dal vivo. I miei precettori mi hanno detto che sono non-morti risorti da un individuo che nella sua vita è stato estremamente violento, malvagio e dissoluto»
Dlin, dlin
La campanella all’entrata suonò. La porta della locanda si aprì. Turgul era stagliato sulla soglia impettito e soddisfatto. Sbatté i piedi per togliere il fango sul tappeto e si diresse verso il tavolo vicino al camino. Dietro di lui il sacerdote atteso. Era un elfo alto poco più di un metro e mezzo, i capelli nero corvini, l’incarnato molto chiaro. Aveva delle marcate occhiaie e l’aspetto di chi non avesse dormito molto, il suo fisico esile sembrava non poter sorreggere la tipica armatura a piastre cinerea da chierico del Dio del Castigo. Gambali fino al ginocchio, para-cosce laterali, cinturone, pettorale, spalliere e due guanti ferrati. Lo scudo piccolo di metallo era agganciato dietro la schiena sotto il mantello rosso scarlatto, decorato con la croce in un cerchio, simbolo del suo credo, ricamati sulla stoffa con il colore bianco avorio. In cinta una morning star. Nonostante il peso portato, il suo passo era sicuro. Come i suoi occhi violetto. Uno sguardo che faceva intendere un’indole inflessibile e rigorosa. Chiuse la porta dietro di sé.
«Avete fatto amicizia vedo, Rotar non mi hai mica fatto arrabbiare il paladino vero? Ho trovato subito il sacerdote, Faenord d’altronde non è mica la capitale. Poi la chiesa era molto vicina. E indovinate? Era già pronto per uscire. Siamo fortunati, è il destino che ci ha fatto incontrare. Il suo nome è Agladur, viene da Tor Hill. Non siete passato a Tor Hill prima di venire qui Sir paladino? Ehi, che mappa è questa? Non è quella che ho disegnato io! Ma tanto non serve Agladur sa dove andare a cercare la fonte dei guai. Beh, Agladur parlate anche voi, non fate dire tutto a me! È un tipo piuttosto taciturno il vostro amico chierico Maeglin, dalla chiesa ho parlato praticamente solo io…»
Il chierico arrivò al tavolo. Guardò tutti uno per uno. Ognuno di loro ricambiò lo sguardo con la stessa intensità. Poi guardò la mappa, prese il pennino e il calamaio che erano sul tavolo e fece un segno sulla mappa.

Il viso del ranger si contrasse in un’espressione di dolore mista ad orrore. Maeglin gli mise subito una mano sul braccio per ammonirlo a non dire e fare nulla.
«Le presentazioni a dopo. La zona da perlustrare è questa. La X rappresenta una chiesa che ho visto e che è probabilmente il motivo di tutti quei morti vaganti nella regione. Partiremo subito. Che rimanga qui chiunque non fosse pronto ad affrontare la minaccia. Se non avete cavalli da guerra, alleggerite gli zaini e si va a piedi. I ghoul puzzano e rendono irrequieti i cavalli non addestrati. E non portatevi la tenda. Non dormiremo fuori stanotte. Se il sole cala e non siamo rientrati in città siamo morti»
Osservò di nuovo gli avventurieri attorno al tavolo. Il silenzio era rotto solo dal rumore della scopa che l’inserviente mattutina della locanda stava passando dietro al bancone e dal digrignare dei denti di Rotar che guardava furente la sua mappa deturpata. Al paladino non sfuggì il lieve accenno di sorriso di Agladur alla vista del ranger scosso. Il chierico si girò e fece cenno di seguirlo fuori dalla locanda. Con un gesto di stizza il guerriero dei boschi gettò la pergamena nel camino e mise dentro lo zaino pennino e calamaio. Issò tutto sulle spalle e uscì seguito dall’elfa che fece spallucce e accennò una piccola smorfia di riso. Rimasero dentro il paladino e lo stregone che aveva uno sguardo afflitto.
«’sto gruppo mi ha già rotto…»
«Su, Turgul andiamo! Non vi demoralizzate. Ci servono le vostre fiamme» il paladino tentò di rianimare l’affranto stregone.
Uscirono dalla locanda e i tre erano già distanti una decina di metri, diretti verso la porta nord. Kanalagon non prese Pelo con sé, lo lasciò alle cure della locanda. Era un cavallo leggero e non aveva neanche i soldi per prendere per un giorno un cavallo da guerra alle stalle. Decise di andare a piedi. Tutti fecero lo stesso. Il chierico si fermò ad attendere che il gruppo si ricompattasse davanti alla porta nord. Quando furono tutti lì, senza proferir parola, si avviò per la strada in discesa che serpeggiava fino ai campi. La valle era avvolta nella nebbia quella mattina. Lungo tutto il tragitto lui e Rotar fecero a gara a chi era più avanti e conduceva il gruppo senza parlare tra loro. Maeglin lasciò il compagno alla lotta tra maschi dominanti e rallentò fino al passo del paladino e dello stregone, intavolando con quest’ultimo conversazioni frivole sulle leggende bardiche. Ci vollero due ore per arrivare fino alla prima fattoria tra i campi. Il tempo era plumbeo. Sembrava dovesse piovere da un momento all’altro. Durante tutto il tragitto l’elfa e lo stregone parlarono continuamente, interrotti solo da qualche monosillaba di Kanalagon. Turgul sembrava aver ripreso il suo buon umore. Alla prima fattoria Agladur si fermò a ridosso dei campi senza uscire dal sentiero, mentre Rotar andò dentro la casa. Uscì dopo qualche minuto scuotendo la testa. Non c’era nessuno dentro. E non si vedeva nessuno neanche nei campi intorno. La nebbia non accennava a diradarsi. Continuarono a percorrere il sentiero verso est. Si divisero percorrendo i campi, coltivati con porro, rape e verze, tenendosi sempre a vista l’uno con l’altro. Incontrarono ancora due fienili e due case. Tutto deserto. Camminarono per circa due ore ancora prima di incontrare una fattoria abitata. La famiglia di contadini che abitava lì continuava a coltivare i campi nonostante il pericolo dei morti ambulanti. Alle domande del chierico rispondevano che tra morire di fame e morire per colpa dei morti non c’era differenza. Almeno così potevano sperare che i non morti non li prendessero. E di morti erano tre giorni che non ne vedevano in quella zona. Quando il fattore seppe che loro erano lì per risolvere il problema che affliggeva la valle, offrì loro del formaggio stagionato di pecora e un pezzo di pane. In quel momento ricordarono che non avevano fatto la colazione, tanto erano presi per la missione e le nuove conoscenze. Il formaggio era un po’ troppo piccante e salato e il pane un po’ stantio ma lo divorarono tutti velocemente. Agladur benedisse il fattore e la sua fattoria, Turgul fissò con audacia tutte le sue figlie, Rotar controllò la salute delle sue due mucche e dei suoi due cavalli e poi ripresero tutti la marcia verso est. Avevano già passato la metà della giornata e le domande di Rotar sulla chiesa continuavano ad essere ricorrenti come le risposte evasive del sacerdote. Maeglin ricordò a tutti del pericolo paventato da Agladur nel dormire fuori da Faenord, ma venne rassicurata proprio da quest’ultimo. Era possibile tornare proprio qui dal fattore e dormire nel fienile facendo dei turni. La famiglia di contadini era sopravvissuta, nessun morto da tre giorni e probabilmente la protezione degli avventurieri avrebbe fatto piacere. Nonostante ciò continuarono con più velocità la marcia verso la destinazione. La chiesa doveva essere nella zona ma la nebbia impediva capirne la direzione. Se solo si fosse alzata avrebbero potuto comprendere quanto tempo ancora fosse necessario all’arrivo.
Kreeek… kreeek… kreeek…
«Ehi! Sentite? Sembra un cigolio, da dove viene. Rotar avete sentito?»
«Sshhhht! Non parlare paladino, altrimenti mi copri il suono, mi sembra venisse da poco più avanti…»
Kreeek… kreeek… kreeek…
Il Ranger si acquattò, tutti trattennero il respiro. Cominciò ad avanzare lentamente, pochi passi lenti, poi passi veloci e di nuovo fermo con le orecchie attente a carpire la direzione. Non era facile. Il suono intorno sembrava ovattato. Poteva venire da qualsiasi parte. Rotar avanzò. I suoi compagni indietro cominciavano a vederlo sempre meno. Si guardarono tutti. Maeglin fece un cenno con la testa e cominciarono a seguirlo lentamente per non perderlo ma il suono dello sferragliare delle armature indossate da Kanalagon e Agladur, per quanto piano camminassero, era in come degli urli di battaglia in mezzo ad un campo di guerra. Rotar si girò furioso e alzò la mano per comandare di non essere seguito. Il paladino diventò rosso di vergogna mentre il chierico seccato si fermò e si voltò in direzione degli altri. Passò un solo minuto il cigolio divenne molto più forte ma meno frequente.
Kreeeeeek… kreeeeeek… kreeeeeek…
Rotar comparve poco dopo. Si mise in mezzo a tutti e fece cenno di avvicinarsi. Poi sussurrò:
«È un’esca. Un impiccato ad un albero. Gli hanno strappato via le gambe a morsi, saranno stati dei Ghoul…»
«Stati? Perché al plurale? Magari è solo uno, no?»
«No stregone, lo hanno fatto da poco, il corpo oscillava leggermente, il rumore era la corda. Se fosse solo uno sarebbe ancora lì a staccare la seconda gamba…»
Concentrati, trovalo…
Il paladino chiuse gli occhi e attinse al potere che il suo Dio della Giustizia gli donava. Come percepiva il male nel cuore delle persone poteva scorgere intorno a sé il potere oscuro che rialzava i corpi dei morti e donava loro quella innaturale nuova vita. Agladur comprese cosa stava facendo e, alzando le braccia, fermò il discorso tra il ranger e Turgul. Passò circa mezzo minuto e Kanalagon aprì gli occhi, spalancandoli dall’incredulità.
«Siamo completamente circondati!»