5. Storms

Adrenalina

Via paura, ansia, stanchezza. Concentrazione. Alla parola “circondati” seguì un cenno da parte del chierico. Turgul e Maeglin schiena contro schiena. Lo stregone imbracciava una lancia corta. Maeglin con il suo immancabile flauto. Intorno a loro in circolo: Agladur con scudo di metallo e morning star, Kanalagon con spadone a due mani, Rotar con scudo di legno e spada lunga. Tutti avvolti nella nebbia. Le orecchie tese ad ascoltare. Gli occhi spalancati a scorgere gli eventuali nemici lanciati all’attacco. Passarono i secondi. Nessun rumore.

«Ego vos cerno!»

Alle parole sussurrate dal sacerdote, una luminescenza argentata scese dall’alto su di esso e si addensò sui suoi occhi che divennero luminescenti e con iridi rosse. Cominciò a guardarsi intorno cercando con attenzione.

«Ne ho percepiti otto, quanti ne vedi chierico?»

«Dodici, paladino. Ce ne sono quattro davanti a me, sul limite del mio campo visivo, che non potevi scorgere, sono scheletri sicuramente e dietro di loro un Ghoul, mentre dal tuo lato ci sono otto zombie. Ma…»

«Già sono fermi, come se aspettassero, come se fossero organizzati…»

«Tsk, organizzati, sono morti, non ragionano, non pensano. Attacchiamoli!» disse Rotar con l’adrenalina da combattimento che gli scorreva nelle vene.

«Forse il ranger ha ragione. Ma la posizione ci svantaggia. Io e il ranger attacchiamo scheletri e Ghoul. Tu paladino rimani indietro con gli arcanisti. Se gli zombi attaccano fai da scudo e…»

«So cosa fare. Sono stato addestrato»

Agladur senza fare alcun cenno si gettò frontalmente nella nebbia, in direzione degli scheletri, calpestando il manto erboso incolto, seguito senza esitazione da Rotar. Scomparvero alla vista dei tre compagni rimasti dietro. Kanalagon si concentrò con il suo potere sugli zombie dietro di sé, ignorando la battaglia in corso, della quale si udivano solo rumori metallici…

Gli scheletri comparvero dopo pochi metri agli occhi di Rotar e Agladur. Essi erano bardati con armature e scudi, e imbracciavano armi affilate. Dietro di loro scorsero il Ghoul percepito precedentemente. Un cadavere completamente glabro, con la pelle violacea causata dal sangue coagulato, gli occhi infossati senza palpebre e una fila di denti affilati senza la copertura delle labbra che era venuta meno, mangiata dallo stesso non-morto nella sua sete di carne vivente. Il Ghoul alla vista dei suoi assalitori emise degli schiocchi con la lingua. Subito gli scheletri serrarono le fila tra loro producendo una linea di difesa con gli scudi a protezione e le spade lunghe protese sopra di essi. Una difesa così ben organizzata e inaspettata che bloccò l’avanzata dei due elfi. Si guardarono per un breve istante concordando di tentare la via dell’attacco brutale. La morning star e la spada lunga cozzarono sugli scudi molte volte senza poter far colpire una sola volta i corpi ossuti dei nemici.

«Ego vos propulso!»

Una luce argentata eruttò da esso inondando i soldati scheletrici. Alla sua vista lasciarono cadere le proprie armi e si girarono nella direzione opposta fuggendo. A nulla valsero i ringhi sordi del Ghoul che tentò di bloccare la loro corsa nella nebbia. Rimase solo con Agladur e Rotar a soli tre metri da lui. I due elfi si allargarono ai lati per fiancheggiarlo e senza attesa lo attaccarono entrambi. Il Ghoul aveva un osso di femore sulla mano sinistra con cui si parò dal fendente di Rotar e con gli artigli della mano destra arrivò al viso di Agladur anticipando l’urto della morning star sul suo cranio scoperto e pulsante. L’attacco anticipò e disorientò il chierico che cadde all’indietro. Il Ghoul si girò allora ad affrontare frontalmente il ranger che aveva la spada conficcata nel femore-arma che imbracciava. Il non-morto saltò su Rotar spostando di lato lo scudo leggero di legno, afferrandolo al collo. Le unghie affondarono nella carne. Il Ghoul sferrò il suo attacco cercando di mordere il viso della sua preda che si difese parando l’affondo con l’avambraccio destro. Ma i denti della creatura lacerarono i muscoli non coperti dal para-braccio in cuoio borchiato, e strapparono via pelle, muscoli e tendini. Un urlo straziante si sentì nella valle. Poi una mazza di ferro calò veloce e inesorabile sulla tempia del mostro e lo scaraventò via dal corpo del Ranger. Il sacerdote si inginocchiò su Rotar e afferrò energicamente l’arto leso.

«Ego te curo!»

La ferita si richiuse e fermò l’emorragia. Poi con la stessa presa energica aiutò il compagno a rimettersi in piedi.

«Tutto bene??? Roty, eri tu che urlavi? Sacerdote che succede?» esordì la barda ansimante, mentre giungeva sul campo di battaglia con lo stregone.

«Taci femmina!» il ranger era visibilmente scosso.

Maeglin si girò sorridente e sollevata verso Turgul sussurrando «Sta bene…»

«È fuggito nella nebbia. Dobbiamo seguirlo. Andiamo» rimbrottò Agladur, seccato dalla perdita di tempo.

«Sacerdote, grazie di avermi salvato, ma stai proponendo una cosa stupida. Ci sta attirando lontano dagli altri. Non dovremmo separarci…»

«Gli altri sono solo zombi. Il paladino può cavarsela da solo. E il Ghoul è solo e ferito. Ma se ti sei spaventato per l’attacco lo posso capire, torna pure dagli alt…»

«Spaventato per cosa?? Andiamo fai strada!!!» il ranger scattò in piedi e corse a passo celere nella direzione dove era fuggito il nemico.

Il chierico sorrise sommessamente, compiaciuto dei risultati ottenuti. Poi cominciò a scrutare la zona davanti a sé in cerca del fuggitivo. Avanzava celermente per alcuni passi e poi si soffermava ad analizzare i nuovi spazi che, grazie ai suoi occhi dotati del potere della preghiera recitata precedentemente, poteva penetrare nella nebbia. Avanzarono per diversi metri senza vedere il Ghoul, inciampando talvolta sull’impervio terreno dei campi coltivati. Passarono alcuni minuti andando sempre più lontani dal gruppo.

«Sacerdote» il ranger cercava di richiamarlo.

«Non riesco a trovarlo, sarà fuggito. Adesso ti dico cosa facciamo. Ci nascondiamo alla sua vista con una preghiera adatta che ho preparato stamani. E lo attendiamo nella nebbia. Lui tornerà sicuramente perché sentirà gli altri e noi lo attaccheremo alle spalle»

«Vuoi usare gli altri come esca?!» Rotar si accigliò contrariato.

«Dobbiamo catturarlo e voglio interrogarlo, interrogare chi lo comanda. Forse riuscirò con qualche preghiera…»

«Ma che diamine hai in testa sacerdote? Non faccio fare da scudo alla mia compagna!» il ranger si girò minaccioso verso il chierico.

Agladur smise di parlare e fissò intensamente il compagno che lo guardava con uno sguardo tra l’inorridito e lo sprezzante, che una frazione dopo si tramutò tra il sorpreso e il rabbioso. Il Ghoul arrivò alle spalle di Agladur e lo colpì col palmo della mano destra affondando gli artigli sul viso. Il colpo lo stordì ma diede il tempo a Rotar di reagire con i tempi giusti.

Lama fuori.

Dall’alto al basso e via l’arto destro dal non-morto. Poi con un calcio ben assestato al centro del petto lo scaraventò a terra, facendo mulinare di nuovo la lama che calò dall’alto verso il basso.

Via l’arto sinistro.

Il non-morto produsse suoni gutturali e poi striduli da far accapponare la pelle. Rotar lo zittì trafiggendolo, fino ad infilare la lama a terra e penetrando il terreno. Interpose l’arma tra la cavicola e le costole, bloccandolo. Poi, lasciando l’arma come un ancora, si girò verso il compagno che era a terra e guardava la scena coprendosi il viso colpito col guanto d’arme. Il ranger non lo aiutò. Agladur si alzò da solo fissando il nemico riverso al suolo e, con i tagli ancora aperti e sanguinanti sul suo volto, si inginocchiò sul petto della creatura, schiacciandola con foga con le parti metalliche delle ginocchiere.

Bene, adesso sei mio. Vediamo di parlare col tuo padrone…

«Pfui, la tua idea dell’esca alla fine si è rivelata appropriata. Sei stata un esca perfetta… ahahahaha!»

Il chierico ignorò il commento irriverente e chiuse gli occhi giungendo il palmo destro con il pugno chiuso sinistro.

«Ego tibi veritatem impero!»

Il non-morto fu penetrato da una nebbia argentata, che uscì dalle mani congiunte del sacerdote ed entrò nelle narici, nella bocca e negli occhi senza palpebre. Sussultò brevemente come preso da spasmi fino a che non si quietò. Agladur serrò il collo della creatura con forza e cominciò il suo interrogatorio.

«Chi ti guida?»

«ssssssshhhhaa…»

«Non puoi opporti al mio incantesimo, chi ti guida? Chi impartisce i tuoi ordini? Chi ti ha creato?»

«K’Hell Dork…»

«Non puoi opporti al mio volere! Rispondi, chi ti ha creato? Gli scheletri erano altri avventurieri? Chi ha creato gli scheletri?»

«K’Hell….Dork…»

«Lo so che mi stai ascoltando. Tu che li comandi. Sto arrivando e risponderai alle mie domande»

Agladur si alzò scuro in volto. Il Ranger davanti a lui non capiva. Estrasse la spada dalla clavicola del mostro e lo decapitò con sicurezza. Poi, pulendo il sangue violaceo dalla spada con una pezza, rivolse uno sguardo interrogativo al sacerdote che lo ignorava. Si rimise la spada in cinta e lo affiancò.

«Che problema hai? Hai avuto il nome che cercavi, no? Abbattiamo questo Keldorn e torniamo in città»

«K’Hell Dork è un titolo clericale. Il nome esteso in lingua comune antica è Knight Hell Doorkeeper ma non ha senso. Non è un nome. Sospettavo fosse un K’Hell Dork che li avesse rialzati. Volevo sapere il suo nome. Non ho ottenuto un bel nulla»

«Tsk, sacerdoti» il ranger fece spallucce.

Avanzarono per qualche minuto nella nebbia cercando di ritrovare la via che avevano percorso quando si erano allontanati per fronteggiare la minaccia. Il ranger trovò le impronte lasciate nell’avanzata e tornarono al luogo dove Agladur scacciò i tre scheletri. Arrivati, raccolsero le armi che i nemici in fuga avevano lasciato cadere a terra. Fu allora che Rotar capì la domanda che il chierico fece poco prima. Solo adesso realizzò che le armature e le armi portate dai guerrieri scheletrici erano tutte differenti e di ottima fattura. Le creature non erano guardie cittadine morte, nè cadaveri alzati da vecchie tombe. Quegli esseri un tempo erano avventurieri, proprio come loro. Forse giunti qualche giorno prima con la stessa missione. Pulire la zona dai morti viventi. Un sudore freddo percose la schiena dell’elfo dei boschi. Evitò di porre domande ad Agladur. Le armi trovate erano due spade lunghe e una spada bastarda. Sia Maeglin che Turgul avrebbero potuto scoprire se qualcuna di esse fosse stata un’arma magica. Se fosse stato così la battuta di caccia sarebbe stata molto fruttuosa. Le armi magiche erano rare e costruite di solito su misura da ricchi avventurieri oppure, le più ricercate e potenti, custodite da strani esseri con particolari accortezze per scoraggiare i ladri temerari. Dopo qualche metro scorsero di nuovo il gruppo. La barda e lo stregone guardavano esattamente dalla parte opposta da dove stavano giungendo in quell’istante i due elfi. Il ranger fece subito un fischio di richiamo per la compagna in modo da farle capire che si stavano avvicinando senza procurarle uno spavento. Stessa cosa non accadde allo stregone che era visibilmente teso.

«Turgul, cosa sta succedendo? Siete stati attaccati? Non abbiamo sentito rumori di lotta»

«No sacerdote, nessun attacco. Ci siamo riuniti a Kano ma c’è stato un urlo di donna nella direzione del sentiero e il paladino è corso in aiuto, consigliandoci di rimanere qui. Non avete sentito nulla voi? Era agghiacciante, peggio dell’urlo di Rotar. Kanalagon è andato da solo. Non vi sembra avventato? Io credo che avventurarsi nella nebbia con i non-morti sia un po’ stupido» lo stregone gesticolava vistosamente mentre raccontava l’accaduto.

«Tsk, paladino, cuore caldo ma cervello fino… così diciamo a Qel’Dorei!» commentò sprezzante il ranger.

Il chierico chiese in che direzione si era lanciato il paladino e con gli ultimi istanti del suo potere scrutò l’ambiente circostante notando che gli zombi non erano più attorno a loro. Fece cenno di essere seguito e si inoltrarono compatti nella nebbia procedendo verso est-sud-est. Camminavano in fila indiana. Rotar era davanti cercando a terra le tracce del compagno passato poco prima, subito dopo c’era il chierico, mentre i due arcanisti chiudevano la fila. Rotar trovò tracce evidenti dopo qualche minuto di marcia veloce, notando a terra le impronte lasciate dagli stivali del mezz’elfo. Era solo ma intorno a lui c’erano delle orme di altri che lo seguivano. I passi degli inseguitori erano ravvicinati tra loro. Esseri dall’incedere incerto e barcollante. Probabilmente zombi. Aumentarono il passo fino ad incrociare un piccolo sentiero tra i campi. Le tracce portavano li. Il ranger si fermò a guardare il terreno battuto.

«È arrivato qui, poi è andato verso est. Non capisco cosa seguisse. Se fosse stata una donna in fuga l’avrebbe raggiunta» Rotar era perplesso.

«Le orme degli zombi? Sono arrivate fino a qui? Perché non li abbiamo incontrati?» Turgul poneva domande più con lo scopo di ragionare ad alta voce che per ottenere risposta dai compagni.

«Stregone, gli zombi non lo potevano raggiungere. I passi di Kanalagon erano ampi. Era in corsa. A meno che non si fosse fermato più avanti. Dobbiamo proseguire. Ma sul sentiero le tracce non sono ben visibili. Non vi posso assicurare…»

«Non mi sembra che abbiamo alternative ranger. Forse questa è la strada per la chiesa che stavo cercando. Proseguiamo ma rimaniamo uniti. Se si separa ancora qualcuno non potremmo dividerci di nuovo per cercarlo» alle parole del chierico si incamminarono tutti lungo il sentiero a passo veloce. Dopo pochi metri scorsero uno spiazzo circolare. Era un piccolo crocevia. Il sentiero che stavano percorrendo si intersecava con un’altra stradina. Questa aveva al centro una piccola linea di vegetazione incolta, un sentiero per carri. Giunti nello spiazzo trovarono una visione poco rassicurante. C’era stata una battaglia da poco. Della quale non avevano sentito nessun rumore. Parti di corpo tranciate. Mani e arti. Gambe e piedi. C’erano vestiti lacerati e intestini. Poi un corpo tranciato in due. La parte inferiore era legata da un piccolo budello fino alla parte superiore, la quale avanzava ancora trascinandosi con gli arti superiori verso est. Turgul avanzò e piantò la punta della lancia corta nel cranio dello zombi, terminando la sua non-vita. Si girò verso gli altri.

«Il paladino li ha uccisi tutti. Sarà andato avanti a raggiungere la donna»

«Era di fretta stregone. Non ha finito lo zombi che hai ucciso tu adesso. E lo zombi sembrava volerlo inseguire. La direzione in cui strisciava è quella in cui è andato il paladino. Cosa dici ranger?» Agladur chiese lumi al compagno senza girarsi ma continuando a scrutare nella nebbia in cerca di segni.

«Sono concorde sacerdote. Continuiamo il sentiero verso est. Aspetta… ma quella…»

Il più avanti uno spadone a due mani, di vecchia fattura, sporca di sangue scuro. Si avvicinarono.

«È l’arma del paladino. L’ha lasciata cadere a terra. Intorno c’è del sangue…» Rotar fu interrotto da Maeglin, la barda gli toccò la spalla e indicando un punto più avanti lungo il sentiero.

«Roty, vedo un edificio grande lì. Sembra la chiesa di cui parlava Agladur. È sicuramente andato lì»

Una nuova sensazione di ottimismo pervase il gruppo. Fiducioso di essere sulla buona strada per ritrovare il compagno scomparso e per la visione della chiesa paventata dal chierico. Le ore di luce stavano oramai quasi per terminare. L’obiettivo vicino toglieva la stanchezza e la paura degli ultimi minuti. Poi le parole di Agladur riportarono il gelo.

«Sì, è andato lì elfa. Adesso dobbiamo verificare se ci è andato da vivo o da morto…»

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